Mizar, il progetto che cambia la grammatica dell’incontro

Mizar è un progetto in Sardegna che riunisce adolescenti ciechi e vedenti in un percorso di apprendimento condiviso. Creato dall’associazione Punti di Vista Ets, il progetto mira a eliminare le gerarchie, costruendo una comunità in cui tutti possano apprendere gli uni dagli altri. Utilizzando tecniche come l’ecolocazione, i partecipanti hanno esplorato l’ambiente e le loro emozioni, creando una nuova forma di memoria condivisa. Mizar rappresenta un viaggio che continua nel tempo, simile a una costellazione.
Mizar è un’iniziativa che sta cambiando il modo di incontrarsi. È nata in Sardegna nel 2021 e si è trasformata in una comunità di adolescenti, alcuni dei quali sono ciechi e altri vedenti. A differenza di altri progetti, qui non ci sono gerarchie: non si tratta di “aiutare” chi è in difficoltà, ma di esplorare insieme un nuovo modo di apprendere e di vivere. Con mani unite, hanno tracciato un percorso condiviso per sviluppare un nuovo linguaggio e significato.
L’esperimento è stato curato dall’associazione Punti di Vista Ets, sostenuto con fondi dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese e ha varcato i confini della Sardegna fino a Bologna, coinvolgendo esperienze e sensibilità diverse. Margherita, una delle partecipanti, ha dichiarato: “Ho imparato a guardare con altri sensi”. In Mizar, gli adolescenti hanno anche imparato a usare l’ecolocazione, come i pipistrelli, per orientarsi nell’ambiente. Hanno toccato le opere al Museo Anteros e registrato le loro emozioni, dando vita a una memoria condivisa attraverso Radio Elfi.
Il progetto include anche la Boscoteca Itinerante, che ha raccontato storie tra gli alberi, e ha consentito che nel Giardino Margherita di Bologna nascessero nuove frasi costruite con il tatto e la sperimentazione. Giovi ha riflettuto su come il progetto l’abbia spinto a rivedere le proprie percezioni: “Mi ha insegnato a mettere in discussione il mio punto di vista, senza vergogna nel cambiare”.
Chiamandosi “elfi ed elfe”, i partecipanti hanno stravolto le loro abitudini. Si sono cimentati in un compito difficile per i teenager: costruire una comunità senza schemi precisi. “Non siamo tornati come prima, ora siamo parte del paesaggio”, ha affermato Martina Balloi, educatrice. “Questo è un lavoro corale, che coinvolge educatori, famiglie e i ragazzi, i veri protagonisti. Tutti partecipano attivamente a un processo volto a migliorare la qualità della vita, non solo per il benessere individuale, ma come condizione collettiva”.
Mizar ha aperto la porta all’indicibile, all’incompleto, all’ambiguo. Ha creato la fiducia necessaria affinché le famiglie potessero lasciare i propri figli senza cellulari e senza supervisione. È stata regalata una nuova consapevolezza agli adolescenti, capaci di orientarsi e accogliere. Questo progetto non ha una fine definita; la sua forma è simile a quella delle costellazioni: sparsa, ma connessa. Il nome “Mizar” deriva da una doppia stella, e il suo significato rimarca come la duplicità non sia separazione, ma una tensione e possibilità continua. Come uno dei partecipanti ha affermato: “Questo progetto è un viaggio verso l’infinito. Non può finire.”