Confermato il primo caso di Lumpy Skin Disease in Sardegna

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Mucche in un'azienda agricola a Sardegna, paesaggio sereno con alberi verdi e cielo blu. Stile impressionista.

Il primo caso di Lumpy Skin Disease in Italia è stato confermato in Sardegna, colpendo bovini in una fattoria. Questo virus provoca febbre e noduli cutanei, con effetti drammatici sulla produttività e gravi conseguenze economiche. Le autorità stanno già attuando misure di contenimento e indagini epidemiologiche, sottolineando l’importanza della biosicurezza e della collaborazione degli allevatori.

È stato confermato il primo caso di Lumpy Skin Disease (LSD), o dermatite contagiosa nodulare, in una fattoria di bovini in Sardegna. La conferma è giunta dai laboratori di riferimento nazionali, dopo che erano stati segnalati i primi sospetti clinici su un singolo animale. Questo virus colpisce esclusivamente il bestiame, come bovini e bufali, causando febbre, noduli cutanei e una riduzione della produzione di latte. Nei casi più gravi, la malattia può portare alla morte degli animali e, pur non essendo trasmissibile all’uomo, presenta gravi conseguenze economiche per gli allevatori a causa delle restrizioni al commercio che impone.

Il Consigliere regionale alla Salute, Armando Bartolazzi, ha commentato che il Dipartimento della Salute ha preso subito provvedimenti, in presenza anche solo di un sospetto, prima della conferma diagnostica dai laboratori di Teramo. La malattia è classificata dalla legislazione europea come categoria A, cioè tra quelle normalmente assenti nel territorio dell’Unione, per le quali devono essere adottate misure di eradicazione immediate e obbligatorie in caso di comparsa. Il Consigliere ha sottolineato l’importanza di agire con la massima prontezza e rigore per contenere la diffusione di questa patologia.

In Sardegna, sono già state avviate tutte le azioni previste dai protocolli nazionali e comunitari, comprese le indagini epidemiologiche per identificare l’origine del contagio e ricostruire la sua possibile diffusione. Bartolazzi ha messo in evidenza l’importanza della collaborazione degli allevatori, considerandola decisiva in questa fase. Il Dipartimento ha raccomandato la massima attenzione alle misure di biosicurezza; occorre limitare l’accesso di persone e veicoli esterni alle fattorie, disinfettare accuratamente veicoli e attrezzature, e isolare i nuovi animali introdotti per un adeguato periodo di osservazione.

È stata inoltre chiesta agli operatori del settore di monitorare regolarmente lo stato di salute degli animali, segnalando tempestivamente ai Servizi Veterinari dell’ASL qualsiasi anomalia, anche minima, come febbre, lesioni cutanee localizzate su testa, collo, dorso, mammelle o arti, lacrimazione, secrezioni nasali o zoppia. Particolare attenzione è riservata anche alla lotta contro i vettori d’insetti, come zanzare, mosche e zecche, che trasmettono il virus. Tra le misure consigliate vi è l’uso di insetticidi e l’eliminazione di acque stagnanti. Infine, è stato richiamato l’importante compito di mantenere aggiornati i registri aziendali e la tracciabilità dei movimenti del bestiame. Ulteriori aggiornamenti saranno forniti non appena nuovi elementi sull’evoluzione della situazione diventeranno disponibili.

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